Il Dio unico che dobbiamo adorare

La parola “Padre” aggiunge a quella di “Dio” la tenerezza dell’amore, evoca una presenza vicina, apre il cuore alla fiducia, sottrae alla solitudine, fa entrare in una comunione misteriosa ma reale, unica e aperta.

Per il grande amore che ci ha dato il Padre, noi siamo veramente figli di Dio (cfr 1Gv. 3,1ss) perché Gesù non solo ci rivela la vicinanza inaudita del Padre, ma assumendo la nostra natura umana, Egli ne è il divinizzatore; ci ha riscattati dal peccato per elevarci alla dignità di figli di Dio; Egli è il Primogenito tra molti fratelli e sorelle, figli e figlie dello stesso Padre.

Siamo quindi concittadini dei santi e familiari di Dio e in Cristo siamo edificati per diventare insieme dimora di Dio per mezzo dello Spirito. Dio è veramente Padre “mio” e Padre “nostro”.

La vita in comunione con Dio

Dio è un Padre che vede e conosce, perdona e dona, previene, provvede e risponde alla fiducia oltre misura, ricordandoci che conosce le nostre necessità ancor prima che gliele chiediamo e sa di cosa abbiamo bisogno. (Mt. 6,8) - (Mt. 6,32).

 

La preghiera è un dono prezioso che ci è concesso affinché possiamo presentarci davanti al Padre, attraverso la mediazione di Gesù Cristo, ed è lo Spirito Santo che prepara questo incontro spirituale, invisibile, mediante la grazia.

Per l’abbassamento indescrivibile della sua natura, Dio accetta così di mettersi alla portata dell’uomo in grazia dell’amore del Padre per il Suo Figlio Gesù Cristo, il quale si pone umilmente in mezzo a noi ogniqualvolta noi preghiamo secondo la sua promessa: “Se due di voi, sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà” (Mt. 18,19).

Questo è il Dio unico che dobbiamo adorare: “…nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

 

Solo nella preghiera Cristo può raggiungerci e manifestarci la sua volontà e attende e desidera la nostra preghiera: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce...” (Ap. 3,20).

Egli ci ha rivelato l’importanza e la necessità della preghiera, insistendo perché preghiamo sempre, incessantemente, senza stancarci mai (Lc. 18,1). Perciò durante la preghiera ci presentiamo a Cristo con l’atteggiamento del peccatore, coscienti della propria miseria, ma nello stesso tempo con la certezza di essere accolti e perdonati a motivo della sua grande compassione, della predilezione che Egli ha per i più deboli e della gioia che prova ogni volta che ritornano a Lui.

Riceviamo così le sue qualità, vale a dire il riflesso della sua infinita bontà e dolcezza e la “luce del suo volto” (Salmo 4,7). E’ a proposito di questa trasformazione che Paolo dice: “Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore, finché non sia formato Cristo in voi” (Gal. 4,19) e noi “veniamo trasformati in quella medesima immagine di gloria in gloria secondo l’azione dello Spirito del Signore” (2Cor. 3,18).

Cristo stesso ci esorta a rimanerGli sempre accanto affinché le tenebre del mondo non ci sorprendano, non accechino la nostra intelligenza, così da non riconoscere la verità divina. “Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre” (Gv. 12,35). “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv. 8,12).

Senza Cristo la nostra preghiera non può assolutamente trovare accesso al Padre: è Lui che la presenta personalmente al Padre avvalorandola con il suo merito; è grazie alla Sua mansuetudine, alla Sua umiltà, al Suo amore che avanziamo con sicurezza verso il Padre in virtù del Suo Spirito; è con la Sua bocca che innalziamo la supplica; è per il Suo Sangue che riprendiamo coraggio; è per la Sua giustizia che speriamo di essere esaudite.

“Sono Io - dice Cristo - la vostra remissione; sono Io la Pasqua della salvezza; Io l’Agnello immolato per voi; Io il vostro riscatto; Io la vostra vita, Io la vostra risurrezione, Io la vostra luce, Io la vostra salvezza, Io il vostro Re. Io vi mostrerò il Padre" (Melitone disc. “Sulla Pasqua”, 102-103).

 

Lo Spirito Santo, che si inserisce segretamente nella preghiera, sa quali sono le domande gradite a Cristo e al Padre.

Senza il suo intervento le nostre parole diventano deboli e prive di messaggio: “Similmente anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi” (Rm. 8,26). Perciò a Lui solo spetta il compito di guidare la nostra preghiera e di esortarci ad essa con spirito e zelo.

E’ Lui che ci fa pregare con gemiti e lacrime come se fosse Lui stesso ad avere bisogno della misericordia del Padre e della mediazione di Cristo.

Egli grida nel cuore verso il Padre e verso Cristo “con gemiti inesprimibili” (Rm. 8,26).

Ama e incoraggia la preghiera del povero che è riconoscente verso Dio, così come quella del ricco amico dei poveri. E’ il Consolatore degli inferiori oppressi e dei superiori misericordiosi, la luce degli afflitti e la vita di coloro che si prodigano per gli altri. E' nella preghiera che Dio desidera offrire all'uomo il dono dello Spirito non come ricompensa ma in risposta alla preghiera e all'insistenza nella supplica: " ...quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono" (Lc.11,13).

E' nella preghiera ispirata, guidata e sostenuta dallo Spirito che si sviluppa “l’uomo nuovo” il quale, grazie alla luce divina, riconosce la

volontà di Dio e impara a metterla in pratica.

 

Preghiera personale

Prima di pregare, Dio ci chiede di “chiudere la porta” del nostro cuore e di metterci con semplicità davanti a Lui in un profondo silenzio interiore, lasciando da parte parole, pensieri, immaginazione, aprendo a Lui l'intimo più profondo del nostro essere.

Mettiamoci davanti al nostro Dio tranquille e serene come un “bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Salmo 130,2) e abbandoniamoci al suo amore e alla sua misericordia: “Tu, o mio Dio, sei la mia misericordia” (Salmo 59,18).

La santità della vita è data dalla misura dell’amore ed è nella preghiera che si impara ad amare, dove da sole con Lui, unite a Lui in dolce intima conversazione, l’anima scopre la bontà, l’amore, la carità del nostro Dio.

 

Momento forte del nostro dialogo con Dio è la meditazione quotidiana, nutrimento sostanziale per la vita dello spirito. Oggetto di particolare riflessione è per noi la Parola di Dio, necessaria per approfondire la nostra fede e per trarre da essa la forza ispiratrice del nostro operare. Con questo spirito è vissuta Maria: “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc. 2,19).

Meditare è trovare riposo e pace nel segreto del nostro cuore, là dove risiede l’Eterno, dove il nostro essere si purifica con l’aiuto dello Spirito; è abbandonare tutto il nostro essere a Dio, è lasciargli prendere il timone della nostra esistenza.

La meditazione, l’esame di coscienza quotidiano, il ritiro mensile, gli esercizi annuali sono necessari per fare davanti al Signore un bilancio sincero di tutta la nostra vita per purificare e ritemprare il nostro spirito per non appesantirsi ed indebolirsi.

 

E’ necessario avere la convinzione vitale della presenza di Dio in ogni scelta che si compie, in ogni situazione che si vive: così la fede, da riconoscimento, diventa apertura di sé alla fiducia. La fede e la fiducia ci aprono nuovi spazi proprio là dove abbiamo esaurito ogni speranza: “Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo già ottenuto e vi sarà accordato” (Mc. 11,24).

Nella preghiera dobbiamo presentare le nostre preoccupazioni in una prospettiva spirituale affinché Egli le spogli della loro forma mortale, effimera, e le rivesta di un carattere divino, rendendole conformi al suo disegno di benevolenza e siano così santificate.

Avremo così la forza spirituale di non tirarci indietro di fronte ai pericoli, di non fare preferenza di persone e di non lamentarci quando conosciamo l’insuccesso o l’ingiustizia. Così le nostre attività temporali, per quanto siano umili e comuni, diventeranno degne di essere offerte a Dio al pari dei più nobili servizi religiosi.

 

L’intensità dell’amore, nel dialogo pacificante con il Dio della misericordia chiede la disponibilità ad un perdono senza riserve. Non è possibile accostare Dio con la mentalità presuntuosa del fratello maggiore della parabola di Luca (cfr Lc.15,11-32): non c’è un Dio “per me”, ma un Dio “per noi”.

Il perdono è sempre in rapporto con la preghiera; è la dimensione orizzontale del dialogo con Dio: “Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt. 6,12). E’ uno sguardo diverso per i fratelli; “Se stai per fare la tua offerta all’altare e ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta, riconciliati e poi ritorna” (Mt. 5, 23-24).

Il perdono non viene solo dopo la preghiera, ma cresce con essa; è frutto di un amore che sa dimenticare, lasciar perdere e persino “perdere”. Il saper perdere è la punta più alta, la parola più impegnativa del perdono: significa mettere in gioco la vita.

Non a caso la preghiera più sublime di Gesù sulla croce è stata una richiesta di perdono: “Padre, perdona loro…” (Lc. 23,34).

 

L’assiduità alla preghiera, la sollecitudine, l’osservare i tempi che le sono consacrati e tutte le sue esigenze, rappresentano davvero la fedeltà dell’obbedienza. Mediante la perseveranza della preghiera riceveremo lo spirito di abbandono e di sottomissione alla volontà di Dio; la grazia rischiarerà la nostra intelligenza per farci vedere quanto la nostra salvezza dipenda in realtà dal modo in cui ci disponiamo ad accettare la croce quotidiana.

La sofferenza accettata con speranza e amore è infatti la perfezione dell’obbedienza, ed è anch’essa frutto della preghiera: "Chi vuole venire dietro a me ...prenda la sua croce e mi segua" (Lc.9,23).

La nostra felicità consisterà così nel compiere la volontà di Dio.

 

Preghiera comunitaria

Ci impegnamo a vivere uno spirito di preghiera dando particolare risalto alla sua espressione comunitaria, ispirandoci a quello che dice Gesù: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro” (Mt. 18,20).

Gesù ci ha detto che tutto quello che chiederemo nel Suo Nome il Padre ce lo accorderà, e se Dio ascolta ed esaudisce chi, assieme, chiede un dono o una grazia, tanto più Egli lo farà se, a chiederlo nel Nome del Figlio Suo, è un’intera Comunità .

Ricordiamoci che la preghiera non è soltanto un gesto personale di amore a Dio, ma è anche una risposta comunitaria di adorazione, intercessione, lode, rendimento di grazie, in forza della quale saremo in grado di rispondere alla nostra consacrazione.

Ogni sorella è sempre sostenuta dalla presenza e dall’esempio della comunità riunita in preghiera. Ogni sorella preghi con le sorelle e partecipi insieme alla liturgia, centro unificante della nostra vita. Questo aiuto reciproco incoraggia lo sforzo a vivere la nostra vita di unione con il Signore a cui siamo chiamate.

 

Il nostro spirito di preghiera sia favorito da grande raccoglimento custodito da un sereno silenzio, che ci educhi ad una maggiore padronanza di noi stesse, favorisca la carità vicendevole e ci aiuti a scoprire l’azione di Dio nel quotidiano. Il silenzio, perciò, sia tenuto in gran conto nella nostra comunità, in particolare modo ci si astenga dal parlare dopo la recita di Compieta fino a dopo la recita delle Lodi.

Dobbiamo convincerci che l’esito dell’apostolato dipende dal nostro spirito di orazione nel quale ogni giorno dobbiamo consolidarci.

Teniamo ben presente che i nostri sforzi saranno vani se ne affidiamo l’esito solo alle doti intellettuali ed umane. Non cadiamo nell’errore di credere che si tolga alle opere di carità e di zelo il tempo impiegato nella preghiera; non pensiamo che le nostre opere siano più necessarie delle grazie del nostro Dio ottenute nella preghiera.

Così anche la fretta e la stanchezza sono sufficienti per togliere alla preghiera il suo autentico carattere spirituale. Essa si riduce, allora, come i tanti atti della vita temporale. Perciò Cristo ci avverte: “Bisogna pregare sempre, senza mai stancarci!” (cfr Lc. 18,1).

E’ meglio per noi esprimere con lo spirito una preghiera calma, tranquilla e fervorosa, di breve durata, piuttosto che pregare a lungo con fretta o con svogliatezza.

 

La preghiera giunge al suo grado di purezza autentica quando in essa dimentichiamo totalmente noi stesse e preferiamo occuparci unicamente dei bisogni, delle ansie e della salvezza degli altri.

L’amore è veramente autentico solo quando non cerca il proprio interesse (I Cor. 13,5). Cristo ha detto: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv. 15,13).

Troviamo così nella preghiera la gioia nel domandare, nel supplicare e nel prodigarsi a vantaggio degli altri. Quando ci occupiamo degli altri, Dio si occupa di noi. In questo modo si realizza, per mezzo della preghiera, il disegno salvifico di Dio, a proposito del quale Cristo disse ai suoi Apostoli: “Andate, dunque, ed ammaestrate tutte le nazioni…” (Mt. 28,19).

 

43. L’ascesi della nostra intimità con Dio, trova il suo centro nella preghiera e dipende fondamentalmente dalla crescita della nostra conoscenza dei bisogni dei fratelli e dalla nostra disponibilità a portare i pesi insieme con loro, con sempre maggiore generosità. (cfr Gc. 5,16).

Diventiamo allora, proprio in virtù di questa disposizione e della nostra unione a Cristo, capaci di domandare per gli altri il perdono e la misericordia divina divenendo partecipi del sacerdozio di Cristo e del suo sacrificio. Così porteremo a tutti i peccatori, vicini o lontani, che abbiamo incontrato nella nostra vita o che non abbiamo mai conosciuto, la liberazione dalla condanna dovuta al peccato.

 

Anche noi abbiamo un estremo bisogno delle preghiere degli altri perché lo Spirito mantenga sveglio il nostro essere interiore, illumini la nostra mente, infiammi il nostro cuore svelando i peccati che in esso si nascondono e che ci trascinano, affinché la nostra coscienza sia presa dal pentimento e si converta. Perciò le preghiere degli altri, quando sono ferventi, diventano per noi uno dei fattori più importanti per rinnovare la vita e acquisire maggiori energie spirituali.

Se Cristo non avesse pregato per lui, Pietro con il suo rinnegamento, si sarebbe perduto per sempre e la sua fede sarebbe venuta meno (cfr Lc. 22,32). Ugualmente se non ci fosse stata la preghiera instancabile della Chiesa per lui, avrebbe terminato la sua vita in prigione (cfr At. 12,5).

Anche Paolo aveva una coscienza acuta dell’importanza della preghiera degli altri, per poter perseverare nel proprio ministero, perciò non cessava mai di chiedere ad ogni Chiesa di pregare per lui (cfr E.E. 6, 19; Col. 4,3; Rm. 15,30).

Fintanto che qualcuno persevererà a pregare per noi dinanzi al Signore, persisterà anche l’ardore della nostra azione e le nostre parole riceveranno la potenza e l’efficacia dello Spirito Santo.

 

Maria, la Madre del Signore occupa un posto particolare nelle nostre preghiere: non si può possedere Gesù se non per mezzo di Maria. Il messaggio dell’angelo era promessa, richiesta e domanda insieme. La risposta fu data in umiltà, in obbedienza, ma anche in libertà.

Il “Si” che Ella ha detto al Signore è stato un momento di conoscenza del Padre come nessun altro, una risposta di sapienza che veniva dall’intimità di una vita vissuta insieme, da una purezza di cuore e da una profondità d’affetto che non ne esistono di più grandi e più intensi, perché sono quelli di una madre.

Ella, infatti, era la Madre di Gesù. Egli poi, è fratello nostro, il “Primogenito fra molti fratelli” (Rm. 8,29), perciò l’amore con cui Maria circondò suo figlio era aperto anche ai suoi fratelli.

 

Maria, è anche “Madre di Misericordia”, e come tale ci ottiene dal Signore l’aiuto di cui abbiamo bisogno; attraverso la mediazione del suo cuore di Madre la Misericordia raggiunge più facilmente gli uomini. Ella ci insegna a dire il nostro “si” quotidiano e a diventare mediatrici di misericordia in favore dei nostri fratelli.

Maria, colei che schiaccia il capo al maligno, è segno per noi di sicura speranza nella vittoria sul male e ci indica la fonte della sua e nostra forza - lo Spirito - di cui è Sposa nella comunione verginale con Cristo.

La devozione filiale a Maria è una garanzia di fedeltà nella vita consacrata; come Patrona della nostra comunità, manifestiamo la nostra devozione verso di lei individualmente e comunitariamente con espressioni di culto di cui sarà privilegiata la recita quotidiana del rosario e, con la Chiesa che frequentemente ne fa memoria, celebriamo con amore le sue feste.

 

Preghiera liturgica

Preghiera comunitaria per eccellenza è la preghiera liturgica, nella quale ci uniamo a Cristo che, quale Sommo Sacerdote e Capo della Chiesa, rende a Dio la lode perfetta e compie la santificazione degli uomini. Con particolare impegno e preparazione partecipiamo a questa preghiera di Cristo e della Chiesa, che celebra e attualizza per noi il mistero della salvezza e ci permette di raggiungere tutti gli uomini e contribuire alla salvezza di tutto il mondo.

La preghiera liturgica è essenzialmente azione che inserisce la comunità nel mistero di Cristo, è l'incontro con il Padre fatto "per Cristo, con Cristo e in Cristo"; è sorgente nascosta che riversa freschezza nell’arsura faticosa di ogni giorno nel cammino di una fraternità; è memoria permanente di ciascuna vocazione chiamata a dare testimonianza al Dio della vita e della comunione; dà spazio all’iniziativa dell’amore, al calore dell’agàpe, per accogliere gli altri come fratelli e sorelle.

 

Nella celebrazione della Cena del Signore è particolarmente evidente la presenza della Trinità: l’Eucarestia è azione di grazie al Padre, memoriale del Figlio, invocazione dello Spirito Santo.

L'Eucarestia è il sacramento del Sacrificio della Croce, è il “memoriale” in senso biblico, come attualizzazione dell’evento della salvezza, che quotidianamente si realizza nella comunità celebrante nello Spirito di Dio. In forza del Mistero Pasquale di Cristo, sotto le specie del pane e del vino, si presenta oggi sull’altare quanto avvenne al venerdì santo e alla domenica di resurrezione; attorno a questa Mensa ogni comunità costruisce ed esprime la propria unità.

Nell'Eucarestia, viviamo quotidianamente il nostro sacerdozio battesimale, rendendo grazie e intercedendo per la Chiesa e il mondo intero, per i vivi e per i defunti, ad essi uniti nella comunione dei Santi.

Ogni volta che ci troviamo davanti al tabernacolo per adorare la presenza viva di Cristo, come Francesco diciamo: “Ti adoriamo Gesù Eucaristia, presente qui e in tutti i tabernacoli del mondo e ti benediciamo, poiché con la Tua santa Croce hai redento il mondo” (Testamento Francesco 3).

 

La Riconciliazione è il Sacramento con il quale Cristo viene in aiuto alla nostra debolezza: ci riconcilia con il Padre e con la Chiesa, ci ricrea come creature nuove nella forza dello Spirito Santo. E' il Sacramento della nostra conversione a Dio oltre che del perdono di Dio, è l’incontro del cuore che si pente con il Signore che lo accoglie nella festa della riconciliazione.

Questo incontro si compie mediante il ministero della Chiesa, alla quale Cristo stesso ha affidato il potere di legare e di sciogliere: “In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo” (Mt. 18,18).

Il nostro cammino di conversione è una presa di coscienza delle nostre colpe, è la libera decisione del cuore di tornare a Dio a cui corrisponde l’offerta del perdono con cui il Padre ci riconcilia a sé. “Allora rientrò in se stesso..., partì e si incamminò verso suo padre…, quando era ancora lontano, il padre lo vide e, commosso, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Lc. 15,20).

Ci sentiamo impegnate in questo cammino di conversione interiore, perciò ci accostiamo frequentemente al sacramento della riconciliazione, considerando importante la guida di un direttore spirituale per maturare nel nostro cammino di fede il rapporto filiale con Dio.

Ogni sorella ha la possibilità di rivolgersi ad un confessore straordinario per le proprie esigenze spirituali, dopo essersi consultata con la Responsabile.

 

La Chiesa, non soltanto con la celebrazione eucaristica, ma anche con la Liturgia delle Ore ci esorta a santificare tutto il corso della nostra giornata,perciò ci impegnamo a celebrare insieme l’Ufficio Divino, in quanto preghiera pubblica della Chiesa, fonte di pietà e nutrimento della preghiera personale.

Sono per tutte momenti privilegiati di preghiera quotidiana le Lodi, con cui commemoriamo la resurrezione di Cristo e i Vespri, che ci ricordano il mistero della cena del Signore e la sua morte; secondo la tradizione della Chiesa Universale sono il duplice cardine dell’Ufficio quotidiano, devono essere ritenute le ore principali e come tali celebrate (S.C. 89).

Nella celebrazione dell'Ora Media, troviamo l'aiuto per riprendere respiro in Dio lungo il giorno, in una pausa del lavoro. Possiamo celebrarla privatamente quando l'apostolato non ci permette di essere presenti in comunità.

Concludiamo insieme la nostra giornata con la preghiera di Compieta e l'esame di coscienza.

 

Ci impegnamo personalmente e comunitariamente a celebrare i vari tempi dell'anno liturgico, soprattutto i tempi forti dell'Avvento e del Natale, della Quaresima e della Pasqua, vivendone intensamente lo spirito.

A giudizio della Responsabile, per alimentare il nostro spirito e tenere viva la fiamma della carità, ogni giorno leggiamo a tavola brani spirituali che possono edificare lo spirito e contribuire ad un sereno scambio di opinioni e di esperienze.

Nella domenica in Albis celebriamo in modo speciale la festa della Divina Misericordia; coltiviamo la devozione a S. Francesco come maestro e modello della nostra spiritualità; coltiviamo la devozione a S. Michele Arcangelo, protettore della Chiesa Universale, sull'esempio del Serafico Padre, che lo onorava in modo solenne con digiuni e preghiere (F.F. - II Celano Cap. CXLIX- 785).

Teniamo viva memoria delle sorelle defunte, preghiamo per loro e con loro; annualmente la comunità celebri l'Eucarestia in loro suffragio, aggiungendo in ricordo anche dei genitori, parenti e benefattori defunti.